Anomalie Bancarie Finanziarie

La necessità di ottenere sempre e comunque profitti sconsiderevoli spesso porta gli Istituti di Credito e Società Finanziarie a contravvenire sistimaticamente a leggi e specifiche esistenti in materia (applicazioni di interessi ultralegali).
Tra le anomalie bancarie e finanziarie spiccano l’anatocismo e l’usura, ma non sono le uniche.

Anatocismo

Anatocismo significa “guadagno sul guadagno”. Le banche guadagnano più del dovuto sugli interessi da loro stesse applicati. Questi ultimi, essendo a loro volta produttivi di altri interessi, diventano interessi “composti”.
Il debitore vittima l’anatocismo, se obbligato a saldare il debito, deve restituire il capitale, gli interessi pattuiti ed anche gli ulteriori interessi applicati agli interessi scaduti.

La gravità dell’anatocismo dipende

– dal numero di anni di conto corrente
– dal tasso di interesse applicato
– dal valore degli interessi passivi di conto corrente

Usura bancaria

“Si ha usura quando il corrispettivo di una prestazione in denaro consistente nella richiesta di interessi, spese e commissioni costituisce un costo totale finanziario estremamente esoso in relazione alla categoria della prestazione, all’entità della prestazione ed alle dinamiche finanziarie del mercato”.

Ma quando il corrispettivo è usuraio?

Negli ultimi vent’anni, in Italia, sono stati introdotti – a tutela del cliente – nuovi parametri “oggettivi”, che stabiliscono in maniera chiara cos’è e come va sanzionato il fenomeno di usura.
Un parametro oggettivo è rappresentato dal Tasso Soglia d’Usura, ex Art.2 della legge L.108/96, un elemento numerico certo, una soglia limite, da non superare per non incorrere nel reato.
La norma interpreta l’esigenza di regolare in modo più chiaro i rapporti con la banca e fornisce – per il calcolo della soglia d’usura – alcuni nuovi parametri di riferimento.
L’art. 2 della L. 108/96 indica che il Ministero del Tesoro fissa trimestralmente i tassi soglia usurari per categoria di finanziamento. Il corrispettivo diviene usuraio quando il tasso applicato dalla banca è superiore al tasso soglia.

Come calcolo il tasso passivo bancario?

Art. 1 comma 1, L. 108/96
” …per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.”

Quindi:

(interessi + commissioni massimo scoperto + spese) x 365

in questo modo si ottiene il TAN (Tasso Annuale Nominale) da cui calcolare il TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale).
Quando il TAEG è superiore al tasso soglia (denominato TEGM Tasso Effettivo Globale Medio) esiste usura. Se inoltre il TAEG è superiore di una volta e mezza del TEGM allora gli interessi sono sempre considerati usurai.
L’art. 1 della Legge 108/96 fissa le seguenti pene a carico dell’usuraio:
Reclusione da 1 a 6 anni
Multa da 3.098,74 a 15.493,71 euro

“Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà: se il colpevole ha agito nell’esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare; se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari; se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno; se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale; se il reato è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino a tre anni dal momento in cui è cessata l’esecuzione. Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui al presente articolo, è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro, beni ed utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni”.

Truffa Contrattuale in operazioni finanziarie

Gli istituti di credito commettono il reato di truffa contrattuale quando rilasciano volontariamente un’informazione falsa sulla rischiosità delle operazioni. Di solito la truffa si compie su operazioni speculative, caratterizzate da un rapporto rischio-rendimento perverso, delle quali nessun investitore, se consapevole del rapporto rischio-rendimento, si interesserebbe. E’ a tutti gli effetti un raggiro nei confronti del cliente.

Ad esempio, recentemente la Corte di Appello di Milano ha condannato per truffa aggravata alcuni funzionari di banca per aver indotto piccoli e medi imprenditori ad investire in operazioni finanziarie su derivati valutari fornendo dati e informazioni false che nascondevano un’elevata rischiosità.

Uno dei problemi legati alla truffa contrattuale è la profonda asimmetria informativa  esistente tra le parti contraenti in un mercato non regolamentato. Inoltre, i contratti derivati sono strumenti finanziari caratterizzati da un elevata aleatorietà , difficilmente decifrabili da operatori che non siano estremamente qualificati.

L’art. 21, comma 1, lett. a), del T.U.F. prevede infatti che nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento i soggetti abilitati “devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati”.

Violazione Legge 154/92 – Trasparenza delle operazioni bancarie

La legge 154/92 stabilisce le norme sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari.
L’istituto di credito, in fase precontrattuale e durante il rapporto di fornitura del servizio, è sempre obbligato a informare dettagliatamente il cliente, allo scopo di tutelarlo e di favorire la concorrenza, rendendo confrontabili le altre offerte sul mercato. Qualora non fossero rispettati tali obblighi, sono previste sanzioni per la banca.

A controllare che la L.154/92 non sia violata è la Banca d’Italia, in particolare devono essere rispettate le seguenti procedure:

– tutti i contratti relativi alle operazioni e ai servizi devono essere redatti in forma scritta e una copia deve essere consegnata al cliente con firma della banca;

– come da delibera del CICR (Comitato interministeriale per il credito e il risparmio ), vanno comunicate le variazioni contrattuali, anche sfavorevoli, e motivate da ragioni tecniche; il cliente ha facoltà di recedere dal contratto senza il pagamento di alcuna penale;

– al cliente va inviata periodicamente comunicazione per iscritto sulle operazioni da lui compiute durante l’andamento del rapporto.

L’intento è quindi quello d’informare il cliente di quanto si possa verificare a suo danno nell’ipotesi di ritardo nei pagamenti, “tutelandolo” in quanto parte contrattuale più debole.

Simulazione nei derivati

La simulazione nei derivati è un metodo usato per la stima dell’andamento di contratti derivati ( vedi derivati per maggiori informazioni ). Attraverso un algoritmo, che genera una serie di scenari riferiti alle curve dei tassi, si stima il tasso atteso, come valore medio dei diversi tassi possibili.

I parametri utilizzati in queste simulazioni vanno stimati in relazione alle condizioni del mercato al momento della proposta di contratto e nel rispetto del principio della neutralità al rischio.

Pur essendo una stima limitata dal suo carattere probabilistico, il metodo costituisce un importante strumento a garanzia della trasparenza del derivato e può essere esteso anche in settori diversi da quello strettamente correlato all’attività in derivati dell’ente pubblico. Esso fornisce una visione probabile dello scenario futuro e, concretamente, consente un monitoraggio costante della posizione oltre che, basandosi il metodo su criteri noti e condivisi, una effettiva possibilità di controverifica delle stime operate dall’intermediario.

Fideiussione oltre i limiti di legge

In diritto, la fideiussione è un negozio giuridico con il quale un soggetto, chiamato fideiussore, garantisce un’obbligazione altrui, (es. in luogo del debitore) obbligandosi personalmente nei confronti del creditore del rapporto obbligatorio.
Il fideiussore garantisce di soddisfare l’impegno economico nel caso che il debitore risultasse inadempiente.

E’ necessario che l’entità della fideiussione non superi il valore del debito garantito,ovvero che non venga prestata a condizioni più onerose. Per l’effetto, ai sensi dell’art. 1941 Cod. Civ. la fideiussione che eccede i limiti dell’obbligazione principale o che è prestata a condizioni più onerose è valida nei limiti dell’obbligazione principale.

Tuttavia, spesso, gli istituti di credito stipulino fideiussioni con la previsione di un capitale in garanzia di gran lunga più elevato del valore del capitale dell’obbligazione principale. Conseguentemente, il fideiussore viene a trovarsi ingiustamente in una evidente situazione di eccessiva onerosità dalla quale diventa fondamentale potersi adeguatamente difendere dal punto di vista legale.

Pubblicità ingannevole in materia bancaria e finanziaria

Come in tutti i settori commerciali, anche in finanza la pubblicità e il linguaggio rivestono un ruolo fondamentale. Accade spesso che il messaggio pubblicitario, per fare presa sul pubblico, comunichi ai consumatori informazioni infondate o fuorvianti. La legge vieta questo fenomeno e prevede delle sanzioni e l’interruzione delle pubblicità ingannevoli.

Inoltre, alla luce della definizione di cui art. 1, comma1, lettera t del Testo unico della Finanza, anche <
Lo spot deve indicare come e dove potersi procurare il prospetto informativo; come conoscere il profilo rischio/rendimento; come risalire alla fonte se ci sono statistiche o dati; indicare sempre la frase: «prima dell’adesione leggere il prospetto».

Si violano queste norme nei seguenti casi:

– uso di espressioni non pienamente conformi quali “investimento semplice”, “sicuro” o “senza rischio”;

– ricorso a termini e grafiche che enfatizzino dei vantaggi, omettendo gli eventuali rischi;

– nel caso si pubblicizzano più prodotti finanziari diversi, l’enfatizzare i più vantaggiosi a discapito degli altri;

– utilizzo di denominazioni che possano risultare imprecise e indurre fraintendimenti;

– omessa indicazione della circostanza che il rendimento può variare in funzione del prezzo di negoziazione sul mercato oppure che esso non è destinato alla negoziazione in nessun mercato;

– dati o offerte non veritieri.

Asimmetria informativa nel credito

Si ha asimmetria informativa quando gli individui facenti parti del processo economico non dispongono delle medesime informazioni. Ad esempio, accade di frequente che la banca non dispone di dati dettagliati sulla storia e sui progetti del cliente.

In generale, la banca vorrebbe selezionare i progetti meno rischiosi ma non possiede gli strumenti informativi ( o a volte questi sono troppo costosi ) per determinarli. Di conseguenza la banca, per tutelarsi, vuole detenere interamente il potere contrattuale, dando al cliente solo la possibilità di accettare o di rifiutare il contratto, indipendentemente dall’entità di quest’ultimo.

Tramite un sistema chiamato “Screening”, la banca può, tuttavia, effettuare una valutazione preventiva del cliente in base alla situazione patrimoniale e la storia creditizia. La riuscita di questo sistema, però, è legata alla profondità con cui il soggetto imprenditoriale si possa conoscere.

In un altro senso, l’asimmetria informativa, consiste nell’impossibilità per la banca di conoscere in anticipo il grado di impegno del cliente, se è nelle sue intenzioni rimborsare il prestito, la sua “buona fede”. Di conseguenza, la banca tenta di “aggirare” il problema invece di risolverlo, ovvero agisce sui termini del contratto per vincolare il cliente, in questo modo:

– Esige che il cliente contribuisca con fondi propri al finanziamento del progetto, costringendolo a mostrare se è o meno consapevole delle rischiosità;
– Richie la firma di un terzo soggetto (vedi fideiussore) che, dal canto suo, non sarebbe disposto a garantire con capitali propri per un progetto che ha alte probabilità di fallire;
– Richie una garanzia, uno o più beni, che non vengono investiti nel progetto ma costituiscono una sorta di pegno per la banca.

Il cliente ha tutto l’interesse a non fallire e la banca riduce così il rischio di comportamenti opportunistici.

Infine, per la banca lo strumento più efficace per garantirsi un proficuo guadagno nell’attività d’intermediazione finanziaria è il tasso d’interesse. Infatti, in considerazione ai problemi di adverse selection, all’aumentare del tasso d’interesse applicato sui prestiti, aumenta in media il grado di rischio dei progetti.

Tuttavia, al crescere del tasso d’interesse diminuiscono – in caso di successo – i guadagni per gli individui, perché aumenta il costo del finanziamento. La banca, per non perdere i clienti, dovrà allora mantenere il tasso di interesse al di sotto di un certo livello, che sarà calcolato sulla base del grado di rischiosità media del portafoglio clienti che essa è disposta a tollerare.

Signoraggio bancario

Prima di addentrarci nel fenomeno del signoraggio, una breve introduzione:

Che cos’è il valore di una moneta?

La moneta ha sia un valore nominale, espresso dal numero stampato sopra (5,10,20,50, 100, 500); sia un valore intrinseco, rappresentato dal costo di stampa o coniatura.

Chi sono gli attori delle interazioni economiche?

Il primo attore è la Banca d’Italia, che è titolata dallo stesso Stato all’emissione di denaro in regime di monopolio.
Il secondo è lo Stato, che prende in “prestito” la moneta in cambio di titoli di Stato (es. Bot, CCT, ecc..).
Se in origine la quantità di moneta in circolazione dipendeva dalle riserve d’oro, oggi la produzione di denaro è del tutto indipendente dalla ricchezza realmente posseduta. Non esiste perciò una corrispondenza reale tra ricchezza e moneta, in un rapporto 1:1.
Stato e Banca d’Italia sono responsabili della creazione del debito pubblico e lo alimentano in continuazione in questo modo: lo Stato ha bisogno di denaro e prende in prestito la moneta che la Banca Centrale stampa, in cambio di titoli di Stato, con i quali lo Stato si impegni a restituire i soldi entro una certa scadenza.
La Banca Centrale proprietaria di questi titoli, decide di venderli alle banche e ai risparmiatori, i cittadini!
Lo Stato, alla scadenza, dovrà dare al possessore dei titoli il capitale più una certa percentuale di interessi e, per riuscirci, dovrà aumentare le tasse ai cittadini perché contemporaneamente aumenta il debito pubblico, anno dopo anno.
Il debito aumenta perché la Banca d’Italia incassa il valore nominale della moneta e non quello intrinseco, di costo tipografico, come sarebbe corretto! La Banca Centrale si comporta come se la moneta fosse di sua proprietà all’atto dell’emissione.

Questo è il fenomeno del signoraggio bancario.